domenica 31 marzo 2013

di donne e di brodo

Dieci saggi, e neppure una donna. Qualcuno dovrebbe dirglielo, al Napo, che quando si fa il brodo, bisogna metterci dalla coda alla testa. Un pezzetto per ogni parte, a costo di andare dal macellaio ad implorare l'ultimo brandello di coda, perché il brodo, se non è completo, non è brodo. Volevo parlarvi di donne ma forse preferite la ricetta del brodo: allora, prendere odori e ciccia e sbattere tutto nella pentola, poi cuocere ore. Le ultime due ore, aggiungere patate. Estrarre i pezzettoni e filtrare il brodo con la garza. Suddividere il lesso in: verdurame, da tritare ed usare per la suppa di verdura. Carnazza: da mangiare subito se lingua o gommosa, il resto tritare e trasformare in polpette. Brodame: da porzionare e surgelare a piacere. Con un unico pentolone di primordial one, si avrà per un'intera settimana il seguente menù: tagliolini cotti nel brodo e conditi con burro e grana, purè ricco di patate, insalata di gallina lessa con la maionese, risotto ai mille modi, polpettine fritte e magari ripassate in umido per farne sugo da condirci anche la pasta, suppa di verdura coi crostini, pancotto, tortino d'avanzi. Insomma, dal brodo primordiale si ricava la qualunque. Devo ancora comprare i chiodi di garofano con cui trafiggere la cipolla, come dice la Marta Casarini, ma anche senza questi espedienti a me il brodo viene una meraviglia. Questa settimana, o forse quella scorsa, che si confondono, una persona qualsiasi mi ha detto "cazzo Robbi ci hai due gran palle, peccato che ti venga da piangere porca miseria, sennò gli spaccheresti il culo a tutti". Altre persone che per me contano di più mi hanno consigliato incitato parlato e straparlato, ma niente m'è rimasto impresso quanto questo commento. Al quale ho risposto che l'emotività è anche la mia forza. Ed era una risposta convinta, pur nell'emozione del momento. Perché io mi incazzo, mi sfogo, faccio il mio piantino, ma poi riparto esattamente dalle mie posizioni. Non mi smuovi. Non mi compri. Io butto fuori tutto: e resisto, proprio perché non mi resta del non espresso. Il mio pianto è incontrollabile ed è spesso rabbia, a volte nostalgia, tristezza, angoscia. Piango spesso, cazzo. Vivo le emozioni in maniera intensa. Esattamente come Libero, che però di anni ne ha sei, percepisco ogni ingiustizia nella viva polpa, e reagisco alle accuse in maniera eccessiva. Proprio come Ulisse, ho reazioni teatrali ed esagerate, volte a richiamare l'attenzione. Sono figli miei, carne mia, ma loro cresceranno in un mondo che io non sono riuscita a cambiare. Un mondo dove le donne valgono meno perché mostrano le loro emozioni, perché non hanno cattiveria, o solo perché sono donne. Cresco due uomini, che possono morire di sete se non chiedono l'acqua per favore. Lavoro tra uomini, per cui l'educazione è uno scomodo optional da usare solo se necessario. Insegno rispetto, semino coscienza, macino sfide ed incasso quotidiani rimpalli. Fossi indifferente, sarei un mostro. Visto che sono umana, ne soffro, ne vivo: tutto questo mi forgia, nel bene e nel male. L'ultimo difficile anno mi ha cambiata. Affrontare nuove sfide fa crescere. Credo che le donne abbiano un'impostazione mutualistica più adatta alla convivenza civile rispetto agli uomini. I miei pupi sono guerrieri, competitivi, nascono e crescono violenti, pur con tutta la loro sensibilità. Cercano le armi, vogliono la caccia, impostano tutto in formato gara, con vincitori e perdenti, ruoli netti. Continuo a preferire il femmineo istinto all'accudimento, alla cura, al rispetto. La donna ha in se il senso stesso del procreare, del proteggere, del preservare. Sa come fare il brodo, come consolare, come accordare, come sistemare. Secondo me due o tre donne, tra i saggi, avrebbero trovato la quadra per una decente legge elettorale. Ma non ambisco più ad un paese che mi rispecchi, capisco. Sono italiana, mi hanno insegnato a fare il brodo ma anche a stare al mio posto. Ma se il brodo lo so fare, al mio posto non so stare. Finché ne avrò la possibilità, continuerò a lottare, anche solo per inerzia. E con tutto il mio amore per il cibo e la mia golosità e fame di vita, resto più volentieri digiuna piuttosto che zitta.

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